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INDICE | ||
Cap. | Descrizione | Pagina |
1 | 1 | |
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4 | 14 | |
5 | 47 | |
6 | 68 | |
6.1 | 75 | |
7 | Emigrati negli Stati Uniti d’America dalla Provincia di Ancona | 119 |
8 | Emigrati negli Stati Uniti d’America dalla Provincia di Ascoli Piceno | 124 |
9 | Emigrati negli Stati Uniti d’America dalla Provincia di Fermo | 136 |
10 | Emigrati negli Stati Uniti d’America dalla Provincia di Macerata | 141 |
11 | Emigrati negli Stati Uniti d’America dalla Provincia di Pesaro Urbino | 155 |
12 | Emigrati in Argentina dalla Regione Marche | 169 |
12.1 | Emigrati in Argentina dalla Regione Marche dal 1889 al 1958 | 171 |
13 | Cittadini di provenienza non registrata emigrati in Argentina tra il 1898 e il 1958 | 243 |
14 | Cittadini della Provincia di Pesaro Urbino emigrati in Argentina dal 1898 al 1958 | 245 |
15 | Cittadini della Provincia di Ancona in Argentina tra il 1898 e il 1958 | 250 |
16 | Cittadini della Provincia di Ascoli Piceno emigrati in Argentina dal 1898 al 1958 | 260 |
17 | Cittadini della Provincia di Fermo in Argentina tra il 1898 e il 1958 | 274 |
18 | Cittadini della Provincia di Macerata emigrati in Argentina tra il 1898 e il 1958 | 275 |
19 | Associazioni di marchigiani nel mondo | 306 |
20 | Le Navi (I Bastimenti) | 317 |
21 | Momenti di vita in Canada | 340 |
22 | Conclusioni | 341 |
1. Prefazione
Sono trascorsi molti anni da quando ho iniziato a lavorare su questo argomento, “L’Emigrazione del nostro Popolo”, incontrando numerose complessità di ricerca nel corso del tempo e conseguenti interruzioni. Un argomento questo, non a caso, con dei fondamentali ben precisi e molto vicini alle affettuosità. Per molti anni ho visto e vissuto personalmente questo fenomeno locale e nazionale e la curiosità di conoscere le ragioni di questo movimento da un posto all’altro, in luoghi sempre più lontani e sconosciuti, mi tormentava continuamente. Inizialmente infatti ho attivato una ricerca indirizzata ad un nucleo di persone molto ristretto, quelle familiari e della frazione Coldipastine, luogo della mia nascita, ma poi le cose sono cambiate, strada facendo, la curiosità e la passione hanno preso corpo; come si usa dire, l’appetito vien mangiando! Il desiderio di tracciare un filo conduttore tra il passato e il presente è aumentato sempre più. Un tracciato che permettesse di portare il più lontano possibile la mia memoria e ricordare i miei predecessori, bisnonni, nonni e genitori. Assemblare più notizie possibili e memorizzare ciò che ci ha preceduto, perché questo è stato sempre il principale pensiero attivatosi in modo particolare dopo la fine dell’impegno lavorativo. Inserire nella nostra memoria le cose del passato, elaborarle con le cose vissute nel tempo a seguire, vuol dire creare quel collegamento che può essere proiettato anch’esso verso il futuro; non spezzare questo filo è un dovere di tutte le generazioni, sia di quella che lascia che di quella che segue. Forse pensare al passato e preoccuparsi del futuro è un passaggio automatico quando ti guardi allo specchio e cominci a vedere dei segni sul viso, vicino ai tuoi occhi. In ogni caso, tenere conto del passato è, oltre ad una necessità, un obbligo morale che necessita controllarne l’effetto poiché può spingere e trainare in senso positivo o bloccare pensieri nascenti e/o lungimiranti. Anche qui occorrerebbe procedere in modo preventivo e quindi con valutazioni equilibrate e mentalmente libere sia da aspetti con impatto affettivo che riguardanti momenti di vita contestuali. Anche mio padre nel 1953 decise di trasferire la sua famiglia a Roma dove lui lavorava già da qualche anno, come segantino in una fabbrica di carriole in legno. Il suo specifico mestiere consisteva nell’utilizzo di una macchina guidata, con particolari azioni di manovra di leve, per tagliare tronchi d’albero e L’Emigrazione del nostro Popolo ricavarne delle tavole di un certo spessore per costruire carriole o da utilizzare per armature edili; attrezzature, queste ultime, molto utilizzate in quel periodo. Il giorno della partenza da Sarnano con la corriera non potrò mai dimenticarlo; per tutto il viaggio, durato quattro ore, i pensieri nella mia mente erano tanti, confusi e soprattutto con innumerevoli perché senza risposte. Tralasciando di parlare dei primi duri e indimenticabili anni di adattamento in quella enorme città, che ancora non ne potevo valutare la bellezza ed il valore storico culturale, ho fatto una esperienza che ritengo essere stata molto positiva per tanti aspetti di vita attiva e sociale. Ora ho in me due luoghi che amo profondamente, il luogo d’origine e quello dove ho vissuto per oltre 60 anni ininterrottamente. Nel chiudere questa parentesi personale ritengo di poter affermare con certezza che nessuno può pensare di lasciare il proprio luogo di origine, per andare a vivere altrove, senza sentire un forte dispiacere interno e conseguentemente un desiderio di tornare dove ha preso il via la propria vita; dove hai gattonato, vissuto le prime cadute e ti sei rialzato con la forza istintiva e le ginocchia sbucciate. È lì che ti rivedi con i tuoi affetti più cari, la tua famiglia, i tuoi antenati fisicamente affaticati ma con una struttura mentale forte, sana e ben equilibrata. La nostalgia per il tuo luogo di nascita si lega con tutto questo e anche se vivi a poche centinaia di chilometri di distanza è, senza alcun dubbio, una sorta di febbre inguaribile. Figuriamoci quanto può essere grande questo sentimento se ti trovi a vivere dall’altra parte dell’oceano! Anche se si vive per lunghissimi anni in un luogo diverso, ricco, pieno di risorse e di opportunità, il così detto “cordone ombelicale” che ti lega alla terra d’origine, non si spezzerà mai, alimenterà sempre il tuo corpo, i tuoi sentimenti. Il mondo affettivo che ti lega con le persone più vicine alla tua famiglia, con l’ambiente, con le abitudini di tutti i giorni, con i luoghi più prossimi e caratteristici della tua terra, continueranno a tormentarti. Far nascere questi sentimenti alle generazioni più recenti e soprattutto a quelle che vivono in terre lontane e che non hanno mai visto la terra dei loro nonni, i luoghi dove hanno trascorso anni di vita anche i loro genitori, non sarà una cosa facile ma dovrebbe essere orgogliosamente voluta da tutti ed anche fortemente incentivata a livello istituzionale. Prefazione Come ho già detto, le radici dal luogo di nascita non si spezzano mai, si estendono come elastici che aumentano la forza attrattiva con l’aumentare della distanza dal punto di origine. Il paese di nascita, qualunque esso sia, è sempre bello, importante, anche se nei ricordi ci sono momenti di sofferenze e/o di rinunce e anche se il luogo non è poi così bello, prosperoso e ricco e non contiene neanche una storia di grande rilevanza culturale. Nel tuo luogo di origine c’è l’aria pura, l’acqua più salutare, la natura che ti affascina, il clima che meglio si addice per il tuo benessere per il tuo temperamento attivo e reattivo; anche le condizioni climatiche più avverse sono meno violente, più affrontabili, più docili. Sono condizioni che te le aspetti, che sai o non sai quando arrivano ma che hai già affrontato, subìto e superato, magari anche con tante difficoltà che proprio per questo sono dentro di te, nel più profondo spazio della memoria. Sono cose che hanno formato il tuo carattere i tuoi sentimenti, i principi fondamentali che ti hanno aiutato nel percorso della vita e che quantomeno ti inorgogliscono. Non è poco!! Seppure tutto questo è soggettivo, e quindi non applicabile a tutti, penso lo possa essere per una larga maggioranza di persone. L’impegno in questo lavoro di ricerca è andato avanti con passione e soddisfazione fin quando è accaduto ciò che non si poteva prevedere e che non doveva accadere. La notte tra il 23 e il 24 di agosto dell’anno 2016 una forte scossa di terremoto e successive altre nel corso dello stesso giorno e di quelli a seguire, cambiava la vita di moltissimi cittadini italiani e in modo particolare per quelli della nostra regione Marche. Numerose altre scosse di assestamento nei giorni a seguire ma quando ormai sembrava che il peggio fosse passato, nel mese di ottobre, il giorno 26, poco dopo le ore 19, una forte scossa di magnitudo 5,4 ci faceva ripiombare nella paura. Se si fosse fermato lì non ci sarebbe stata eccezionalità dell’evento che poi ha tracciato una linea di confine epica; la domenica mattina del giorno 30 ottobre ore 7,40 una tremenda e lunga scossa di magnitudo 6,5 con epicentro tra Norcia e Preci, una giornata che non potrà mai essere dimenticata da chi l’ha vissuta e che imprevedibilmente ed eccezionalmente nascondeva una spaventosa sorpresa che ha fatto cambiare le menti sulla visione del futuro, seminando una profonda incertezza su tutte le latitudini della nostra struttura corporea interna ed esterna. Nemmeno i due tremendi conflitti mondiali erano riusciti a creare tanta insicurezza e paura! L’Emigrazione del nostro Popolo Probabilmente a causa della incapacità di intravedere fisicamente questo potente e imprevedibile nemico. Per questa ragione e le altre dette prima, ho deciso di fare questo volume dove sono riportati i nomi di tanti nostri concittadini che si sono avventurati nell’incertezza dell’emigrazione in terre lontane e sconosciute, dove hanno avviato una nuova vita con tanto coraggio e molte belle speranze. All’interno di questa raccolta ci sono anche tabelle di numeri e percentuali che nell’esaminarle necessita sempre pensare che corrispondono a nomi di persone, uomini, donne, bambini e anziani che hanno dovuto o voluto affrontare un percorso con la speranza di vivere meglio la propria vita futura. Lo dico qui in questa premessa affinché possa essere sempre presente ad ogni riflessione. In questa piccola porzione di quel grande fenomeno migratorio che si svolse a cavallo tra gli anni ottocento e novecento ci sono anche dei nomi che ci riguardano, che hanno vissuto questa particolare esperienza e che sono stati e sono parte integrante fondamentale, della nostra storia e di questo paese, non dobbiamo dimenticarli mai. Voglio pensare e sperare che questo lavoro possa essere utile per far rivivere il tempo e le persone del recente passato e proiettare, con i miei più affettuosi auguri, le nuove generazioni verso il futuro, con ottimismo e realtà positive. Aggiungo queste brevi considerazioni/riflessioni che sono emerse nella mente nel corso di questo tempo di ricerca; le ho raggruppate qui e le riporto, in successione temporale, secondo le vicende nell’evolversi del fenomeno migratorio, cosi come le ho pensate e vissute:
• Le variazioni della vita, positive o negative, determinano forti cambiamenti e ripartenze!
• Se la vita ti propone un ritorno al passato, qualunque sia stato, non si ripeterà;
• La vita è tanto di più del tempo vissuto ad occhi aperti.
2. Emigrazione
L’emigrazione e l’immigrazione dei popoli, sono eventi che hanno avuto una evoluzione sia dal punto di vista del tempo che dello spazio. Nel corso dei tempi, secondo le ricerche di alcuni studiosi su reperti ossei, si fanno risalire alla preistoria le prime forme di migrazioni, mentre per quanto riguarda lo spazio le variazioni sono attribuibili a fattori più pratici, di opportunità, di richiesta, di necessità e molteplici particolarità ancora che non prescindono dal contesto territoriale di appartenenza e da situazioni socio economiche e politiche. Tali studi evidenziano che le principali migrazioni hanno avuto inizio circa 11.000 anni fa e che non sono state lineari ma si sono susseguite con ondate più o meno ampie, con tre flussi principali molto distanziati tra loro. La prima ondata registrata è quella avvenuta a seguito della nascita dell'agricoltura che in Europa è iniziata a diffondersi 10.000 anni fa. La seconda all'inizio dell'età del bronzo, più di 5000 anni fa, quando emergono civiltà con esigenze più ampie e complesse anche in merito alla particolarità della movimentazione. Fu l'asino il primo animale che l'uomo utilizzò per spostarsi da un luogo all'altro e per trasportare materiali e oggetti. Un animale abbastanza mansueto e particolarmente resistente che si adatta a portare in groppa l'uomo e a trasportare dei carichi anche pesanti, in grado anche di arrampicarsi su sentieri poco agevoli. Da allora però si sono sviluppati diversi mezzi di trasporto sia per terra che per mare e per cielo. Mezzi sempre più performanti nella capacità di trasportare persone e cose, nella velocità di trasporto e nella distanza della meta da raggiungere. In quel periodo ebbe inizio anche lo sviluppo delle reti commerciali in quasi tutti i versanti del mondo lontano, oltre gli oceani, e in quello europeo. La terza ondata risale all'età del ferro, indicativamente nell'arco del primo millennio a.C., che con l'aumento della popolazione aumentavano i commerci ma con essi purtroppo anche le immancabili guerre. Questa breve introduzione, con nozioni ormai largamente diffuse, con tutti i mezzi di comunicazione esistenti, solo per dire che il movimento migratorio è insito nell’essere umano così come in quello animale che è di tipo ripetitivo e per ragioni ed esigenze di carattere prevalentemente naturali. In merito all’interesse del mondo informativo, la stampa in particolar modo ha dato più risalto ai fenomeni che ai protagonisti per i quali invece ci sono L’Emigrazione del nostro popolo meriti molto importanti e sacrifici non facilmente trasmissibili nelle complessità di carattere umanitario, economico, sociale e politico. È dal termine “migrazione” che derivano poi quelli di “Emigrazione” e “Immigrazione” e tanto per orientarci nel giusto verso, coloro che si spostano da un punto di partenza e raggiungono un determinato luogo sono detti “Emigranti” che sul luogo di arrivo, assumono la denominazione di “Immigrati”. Si parla poi di fenomeni solo a seguito dell’elevato numero delle persone che si spostano da un posto all’altro. Semplice ed elementare, tutto ciò appena detto, ma utile per fare almeno un minimo di riflessione. Sempre secondo i molteplici scritti e tralasciando quelli che si riferiscono ai fenomeni iniziali, quelli di migliaia di anni fa, voglio provare anche io ad esprimere una semplice riflessione che nasce dal sentimento affettivo e non soltanto questo. L’Emigrazione, secondo il mio pensiero, è un sentimento, una necessità istintiva non sempre e non del tutto appagante e allo stesso tempo, non completamente indolore; penso che quel veloce passaggio, appena detto, da emigrato a immigrato contiene un intervallo molto significativo e talvolta molto lungo, anzi, troppo lungo. La separazione, il distacco da una realtà che non hai più a quella che ancora devi formare, è traumaticamente forte e non facilmente descrivibile o trasmissibile. Ciò infatti non ha influito e non influirà neanche in questo tempo sulle decisioni e sui movimenti dei popoli. Le ragioni delle scelte di massa nel lasciare il paese, in modo molto semplificato, non possono che provenire da insuccessi politici e di gestione dell’economia da una parte e dalle risorse economiche dall’altra. È proprio questo primo aspetto, quello politico, che determinò la massiccia emigrazione del popolo italiano. Le promesse di una nuova e più adeguata distribuzione delle terre, la riduzione delle tasse, annunciate prima dell’unificazione non furono mantenute e il tanto acclamato Risorgimento non avvenne come fortemente propagandato e soprattutto non come il popolo si aspettava. Le terre erano sempre scarse, la competizione con le altre nazioni per la produzione del grano, il vino e gli agrumi, era a nostro svantaggio soprattutto per il ritardo nelle meccanizzazioni dei lavori agricoli, conveniva importare anziché produrre; il lavoro non si riusciva a trovare e così, proprio all’interno delle famiglie di contadini, i giovani in gran parte, emigrarono in cerca di fortuna ed anche con la speranza di poter sostenere la famiglia rimasta in Italia inviando parte dei loro sperati guadagni. Emigrazione La maggior parte delle persone, pertanto, sentirono il dovere di compattarsi con la famiglia, allontanando, di conseguenza, nella testa e nei fatti, le speranze di miglioramento all’interno del proprio paese Il pensiero rivolto al futuro non è soltanto una questione di lungimiranza individuale ma soprattutto una necessità di vita migliore per una larga quantità di persone. In effetti tutto questo, in misura più o meno importante, è avvenuto e così anche i ritorni a casa dopo qualche anno di sacrifici. Anche se, onestamente, necessita dire che non è mai stata e non sarà mai una sola causa quella che provoca grossi eventi, belli o brutti che siano. Sia nel bene che nel male una serie di motivazioni scatenano eventi in successione che vanno nello stesso verso tranne poi, come spesso accade a chi manovra le leve gestionali, oltrepassare la curva con eccessi che provocano forti reazioni e talvolta anche una inversione di marcia. Di esempi ce ne sono tantissimi!! L’elenco degli eventi, anche solo citando quelli dei due millenni precedenti e di questo primo inizio del terzo, e soltanto quelli più significativi dal punto di vista dell’impatto sociale ed economico, è infinitamente lungo e quasi tutti causati dall’essere umano, direttamente o indirettamente. Proviamo a pensarci!! Le conseguenze delle migrazioni di massa, soprattutto all’inizio, sono sostanzialmente negative mentre nel lungo termine si sono dimostrate positive per la maggioranza dei casi. Su quelle negative ci saranno sicuramente pareri più contrastanti che su quelle positive. È innegabile che, come con il movimento dei popoli, si sono formate in località differenti, innumerevoli razze, proprio attraverso le migrazioni si sono successivamente modificate e così ancora oggi sta avvenendo con processi sempre più veloci. La negatività o la positività di questi mutamenti è sempre posteriormente valutabile ma necessiterebbe prevenirne gli effetti. È sicuramente impossibile pensare di arrestare questi processi di spostamento ma poterli gestire, se già così non lo è, con regole concordate e rispettabili da tutti, credo sia un compito più che possibile, necessario. Oggi, dopo lungo tempo, possiamo comunque associare i fenomeni e giudicarli per le conseguenze e gli aspetti positivi o negativi e poterli anche misurare con metodi scientifici sicuri e non secondo punti di vista personali o L’Emigrazione del nostro popolo ancor meno intuitivi; necessita, attraverso i risultati di queste misurazioni, orientare le scelte di massa per prevenire, prima che per curare. Il desiderio di conoscere, esplorare luoghi diversi, di mettersi in gioco per un senso di stabilità di vita, con aspettative più sicure, è sempre vivo in tanti giovani. La possibilità, al momento attuale, di esaudire ogni pensiero è enormemente maggiore, a portata di mano e con meno incertezze che nel passato. L’emigrazione è nel sangue dell’essere umano, basta poco per attivarla anche se attualmente sembra impensabile possa raggiungere forme numeriche di grande portata. La possibilità di andare e tornare è senza dubbio uno dei fattori di maggior rilievo che ne agevola la decisione. Si può immaginare un flusso globalizzato che farà scomparire le differenze, le razze e magari portare più fratellanza nel mondo intero!! La speranza è sempre giustificabile ma non allo stesso modo esaudita. Tante, direi troppe, sono le storie lette e le testimonianze raccontate dal vivo, da parenti o dagli stessi che hanno subito trattamenti violenti e inumani. I primi ad essere sospettati nei casi di eventi spregevoli erano, e lo sono anche oggi in moltissimi casi, gli immigrati. La complicità dei mezzi d’informazione, la stampa in primis, nell’associare fatti violenti di cronaca con gli immigrati e in modo particolare con gli italiani scatenò, in America soprattutto, diversi linciaggi di gruppo e condanne clamorose di persone innocenti. Erano loro quelli che per primi venivano sospettati solo perché provenienti da situazioni di miserie, magari anche portatori di cattiverie o politicamente avverse al paese, o anche portatori di malattie, tanto da evitarne il contatto e qualsiasi rapporto sociale; paura o pietà, i sentimenti predominanti, credo e vorrei essere smentito, che la prevalenza per il primo sia stata quella maggiore. Le sentenze particolareggiate e appurate in merito alle reali responsabilità fanno parte della storia, ma la storia da sola fatica a tramandare cose buone e soprattutto ad insegnarle. Ancora oggi infatti questi atteggiamenti li vediamo ripetersi in tante parti del nostro pianeta. Nell’attuale realtà, per trovare in quale nazione o continente si applica o sia stata applicata una giusta ospitalità ai migranti, o a coloro che fuggono o fuggivano dalle guerre, dalla fame, dai soprusi o dalle persecuzioni, sembra impossibile! Forse bisognerà cercare su altri pianeti!! Chi sa, se ci sarà nuovamente, dove sarà diretto il prossimo fenomeno migratorio!? Emigrazione Questo è quanto si può apprendere dalla storia del passato e dalle vicende del presente ma non possiamo certo anticipare per il futuro, per il quale speriamo ci sia qualche segnale di miglioramento. La positività, ancora una volta, è sicuramente un atteggiamento dovuto e il margine per un miglioramento, anche allo stato attuale, è molto ampio ma poco visibile. Ormai da qualche anno viviamo in un mondo globalizzato e pur godendo di una libertà di movimento tangibile, le chiusure a livello politico, i confini locali, la costruzione di muri e di steccati, fino alla più piccola realtà vivente, affiorano sempre più con ingiustificate motivazioni. La sensazione di potersi muovere tranquillamente, spaziare per mondi quasi sconosciuti, fare vacanze, crociere o gite, impensabili fino a qualche anno fa, è sempre più visibile e fattibile anche da un punto di vista economico. I più giovani, nella stragrande maggioranza, non nutrono un forte sentimento patriottico, sono affascinati dalla propaganda, pensano di poter affrontare ovunque vogliono il loro futuro, anzi di poterlo scegliere tra decine di possibilità diverse. Forse è un bene ma credo, purtroppo, che necessita sempre riflettere con molta consapevolezza poiché, ovunque si vada, le strade sono sempre formate da salite e discese. Emigrare in altre località non è una cosa negativa a prescindere, ma non è nemmeno la panacea delle soluzioni per una vita migliore.
3. Il Fenomeno Migratorio in Italia
Il fenomeno migratorio più recente del popolo italiano a partire da oltre la metà del 19° secolo è stato sostanzialmente ricostruito in termini numerici, se non in modo totale, sicuramente non in eccesso rispetto alla realtà. Sono numeri che hanno sollecitato l’attenzione di una immensità di persone, scrittori famosi e non, storici di ogni paese, istituzioni private e associative, istituzioni di governo sia a livello centrale che periferiche. Una storia infinita che racconta non soltanto con i numeri ma anche con i fatti da analizzare sotto tutti i profili, che merita riflessione a tutti i livelli sociali. Un dovere di tutti per completezza della stessa storia che ci ha visto partecipi e che ancora oggi è attuale con ragioni e forme che possono essere anche paragonate e, trarre dalle stesse, argomenti di riflessione. Senza andare troppo lontano nel tempo il grande flusso migratorio più recente è la così detta “grande emigrazione italiana” quella verso le Americhe compresa nell’arco del tempo che va dal 1876 al 1915 e che poi è ripresa in forme e volume diverso dopo i due conflitti mondiali fino ai giorni nostri. Il coinvolgimento degli italiani verso i paesi europei e in quelli oltre oceano, in modo particolare, hanno assunto numeri e caratteristiche variegate e molto forti. Per la prima volta anche le istituzioni governative, soprattutto il Ministero dell’agricoltura, dell’industria e del commercio hanno sentito la necessità di raccogliere dati in merito per tenere sotto controllo l’evento che stava crescendo in maniera esponenziale. Dall’unità d’Italia in poi la ricostruzione statistica è impressionante: in poco più di 40 anni 15 milioni di persone lasciarono l’Italia. Il sacrificio fatto dal nostro popolo ha portato sicuramente benefici al nostro paese anche se non per tutte le categorie di cittadini. Il lungo e massiccio fenomeno migratorio del popolo italiano può essere considerato particolare proprio per il concetto di popolo che si è riconosciuto in ogni realtà per gli aspetti sociali, e particolari usi e atteggiamenti tradizionali, che sono stati conservati e orgogliosamente tramandati. Senza provare vergogna per aver lasciato la propria terra di origine, hanno affrontato a testa alta ogni situazione avversa, si sono fatti onore, esaltando l’Italia. Persone, famiglie di italiani provenienti da paesi diversi che forse mai si sarebbero incontrati in Italia, hanno fatto conoscenza, hanno creato associazioni e vissuto insieme in terre sconosciute creando delle piccole e grandi realtà di vita italiana. I giovani si L’Emigrazione del nostro popolo sono uniti in matrimonio, hanno formato famiglia. Opportunità quasi impensabili sia come amicizie che come unioni se fossero restati fermi nei loro luoghi di origine. Un concetto molto semplice da capire ma dal contenuto sociale particolarmente interessante. Inizialmente, il flusso maggiore interessò le regioni settentrionali ed in particolare, il Veneto, il Friuli Venezia Giulia ed il Piemonte; poi le regioni meridionali, la Calabria, la Campania, la Puglia e la Sicilia, e allo stesso tempo tutte le altre regioni in forme diverse. Quello che ha interessato la regione Marche dopo il 1950 non viene considerato come un fenomeno di grande rilevanza seppure in alcune piccole realtà è stato lacerante. Era il periodo della emigrazione europea ma gran parte dei nostri compaesani, cioè quelli del Comune di Sarnano, scelsero come meta, il lontano Canada ed in particolare le città di Toronto, S. Catharines, Windsor, Hamilton, per citarne alcune. Era già successo ai genitori di alcuni di loro, partiti prima delle due tremende guerre, tornati e poi ripartiti, e di nuovo definitivamente rimandati a casa prima dell’inizio del secondo conflitto mondiale. Cosi anche loro, i figli di quella generazione, vollero provare con rinnovata e forse più solida speranza. Il luogo di partenza principale, nei primi anni, era il porto di Genova ma poi anche Napoli e altri in forma meno frequente. Il viaggio in nave durava diversi giorni o settimane. Per quanto riguarda le condizioni igieniche all’interno delle navi, quelle dei primi viaggi specialmente, non voglio dettagliare per non rattristare gli animi, anche a distanza di tanti anni, ma si può immaginare facilmente e di scritti in merito ce ne sono in abbondanza. Dopo alcuni anni passati a lavorare in terre lontane, la storia di molti emigrati italiani si divide, taluni decidono di tornare in Italia mentre altri fanno emigrare l’intera famiglia. I primi, spesso, erano quelli meno giovani, i quali dopo aver accumulato e messo da parte un po' di denaro, pensarono di tornare per godersi qualche anno nel proprio paese. Queste persone, non si sono mai pienamente integrate, ma hanno continuato a svolgere sempre lo stesso lavoro, con le stesse persone, di origine italiana, con le quali potevano parlare in italiano. Hanno trascorso decenni di sacrifici, con l’unico scopo di risparmiare qualcosa, per tornare a casa e vivere serenamente gli anni a seguire, con i propri figli. L’altro gruppo di emigrati, invece, erano coloro i quali, al momento della partenza erano giovani, che spesso avevano lasciato le mogli o le fidanzate nel proprio Il Fenomeno Migratorio in Italia paese in compagnia degli altri familiari. Questi, dopo un paio di anni di duro lavoro, hanno deciso di tornare in Italia, per ripartire nuovamente portando con loro, questa volta, le mogli e i figli. In questi giovani è maturata la consapevolezza che in Italia non sarebbero mai più tornati a vivere, che il loro futuro era lì, in qui luoghi più promettenti, dove le mogli avrebbero trovato un lavoro e i figli sarebbero potuti crescere, andare a scuola e crearsi un futuro. Le informazioni più note sono che i primi anni non sono stati facili, i paesi accoglienti tutti, non avevano una grande stima degli immigrati in generale e degli italiani in particolare e venivano sempre emarginati dalla vita sociale. I nostri emigrati vivevano in alcuni quartieri, dove abitavano solo italiani in abitazioni fatiscenti, molto peggiori di quelle che avevano lasciato in Italia. Si può dire che all’inizio tutti hanno lottato e remato con il vento contrario senza, però, perdere mai la speranza per un cambiamento. Col passare degli anni infatti, la situazione è migliorata, gli italiani hanno iniziato a costruire le proprie case, nelle varie città degli Usa, in particolare, a New York. I figli dei primi emigrati sono andati a scuola, hanno studiato e sono diventati professionisti, anche se molti di loro, non sanno parlare più l’italiano, perché la nostra lingua non è stata tramandata dai loro genitori. Peccato!! Certamente, per inserirsi meglio nel tessuto sociale, per capire e farsi conoscere, era necessario parlare la lingua del posto. Se pensiamo alle ragioni che hanno determinato il grande fenomeno migratorio possiamo evidenziare molte negatività, ma le positività che si sono ottenute nel corso degli anni a seguire sono sicuramente tante. Per merito di questo enorme movimento di persone si sono formate reti di collegamento tra le varie realtà, una sorta di ragnatela via mare toccando tutti gli oceani; nei cieli con mezzi sempre più veloci e capienti; via terra con autostrade di grande portata e su rotaie con treni che raggiungono velocemente lontane mete. Materialmente queste sono tante e importanti positività per tutti ma ce ne sono innumerevoli altre che toccano aspetti di carattere sociale e che hanno fatto migliorare in molteplici particolari la qualità della vita di tutti. Le sofferenze, i soprusi, le tragedie da tanti affrontate e subite per lungo tempo, sono conservate nei racconti, nelle cronache, nelle poesie e nelle canzoni e resteranno per secoli ancora, incancellabili e forse anche come monito. Cosi come evidenti e pieni di orgoglio sono i successi ottenuti da tutti in ogni luogo. L’Emigrazione del nostro popolo Anche questi meritano di essere messi nella giusta valutazione, non dimenticandoli ed apprezzandoli. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, gli emigrati italiani in America, hanno effettuato delle vere e proprie “gare di solidarietà”, per i propri parenti italiani. Sapendo delle condizioni difficili, nelle quali versava l’Italia, in quel periodo, questi, attraverso alcuni pacchi, mandavano di tutto ai propri parenti. In questa ondata, partivano quelli che avevano già dei contatti, persone che li avrebbero potuti aiutare a cercare un lavoro, ma questa emigrazione non fu particolarmente massiccia come la precedente. Occorre precisare che l’emigrazione verso gli USA e altre parti del mondo, non è mai finita, ma continua ancora oggi. Ogni anno sono decine gli studiosi e i ricercatori di tutti i campi, soprattutto quelli nel campo dell’ingegneria che vantano il primato, poi tutti gli altri. Il perché non è facile da spiegare poiché le ragioni sono molteplici comprese quelle della curiosità e delle possibilità economiche per affrontare questa esperienza, che oggi più che mai, sono notevolmente aumentate. Il motivo del lavoro facile non regge più molto a parer mio, se contiamo quanti sono anche quelli che vengono nel nostro paese e che conseguono successi. La tendenza migratoria insita in tante persone è il fattore maggiormente trainante che poi si tramuta in successi è individualmente classificabile ma quasi sempre positivo. La fame di conseguire il successo è forse l’elemento più forte, ed anche il più positivo e trainante per tutti. L’emigrazione degli italiani in questo lungo arco di tempo fa parte della storia e come tale dovrebbe essere inserita negli studi scolastici da quelli di tipo elementare a quelli di più alto livello universitario così ché tutti gli aspetti politici, economici, sociali e culturali potranno essere analizzati, discussi e mai dimenticati.
4. Emigrazioni regionali dal 1876 al 2005
Pur non essendoci più le stesse motivazioni che hanno determinato flussi migratori di grandi quantità di persone, o addirittura di intere popolazioni, ancora oggi possiamo trattare questo argomento come attuale, che coinvolge tutti noi, anche in modo diretto. Nel corso dei tempi, tutti i mezzi di comunicazione, a livello nazionale e seppure con molto ritardo, hanno parlato di fenomeni migratori a cui hanno cercato di dare, oltre al luogo d’origine, uno specifico periodo di riferimento e allo stesso tempo, la ragione di maggior rilievo. Successivamente le informazioni si sono arricchite di particolarità riguardanti le difficoltà affrontate da tutti, dal momento della partenza all’insediamento sui luoghi di arrivo. L’impatto sociale con la popolazione residente, l’inserimento al lavoro, l’ambiente, la lingua e tutta una serie di considerazioni di forte impatto emotivo. Tutte cose che hanno contribuito particolarmente ad orientare l’attenzione al grande movimento che ci riguarda più da vicino, quello dei nostri connazionali. In quest’ottica e per una visione di tipo geografico associata anche alla diversità socio economica della nostra penisola la rappresentazione raggruppata per regioni del nord, del centro e del sud compreso le isole, può dare spunti per inquadrare la diversità in merito alle ragioni dei movimenti avvenuti nel tempo preso a riferimento. Questo non per un semplice aspetto campanilistico ma per capire ed entrare ancora meglio dentro al complesso mutamento demografico e culturale di questi luoghi, nel corso del tempo trascorso dai nostri antenati, paragonandolo al resto dell’Italia. Si potrebbe constatare come il nostro presente si lega con il passato dei nostri genitori e quello loro con quello prima, pensando di poterci orientare e far orientare anche i nostri prossimi nelle scelte riguardanti il loro futuro. Per poter trattare questo argomento, iniziato dopo il 1876, si deve necessariamente parlare guardando questo come un grande evento, soprattutto perché ha coinvolto un elevatissimo numero di persone, ma anche per le numerose difficoltà affrontate e il periodo storico che ha interessato tutta la nostra penisola e gran parte del pianeta. I differenti flussi, avvenuti nel corso di questo spazio di tempo, sono qui inquadrati anche come periodo; quello dei primi 39 anni, cioè dal 1876 al 1915, inizio del primo conflitto mondiale, definito come il periodo della grande emigrazione, o emigrazione americana, per la preponderanza nel L’Emigrazione del nostro popolo numero delle persone interessate per quella parte del mondo. Dal 1916 al 1945 il flusso, seppure rallentato dalle note vicende belliche, manifesta una consistenza interessante; cosi come, a partire dal 1946, fu definito periodo della emigrazione europea, per la sua relativa ragione orientativa dei luoghi di emigrazione. Quello successivo invece sembrò essere una naturale continuazione dello spirito che fa muovere tutti i popoli. Le motivazioni sono sicuramente innumerevoli e diverse per ciascuno, ma quelle socio economiche ed anche politiche, accomunano tante realtà. Gli approfondimenti, seppure tardivi da parte della stampa e ancor più della politica, sono ormai talmente tanti e variegati che necessita un buon sistema di filtraggio, sia in termini di contenuto culturale che in quello numerico. Dal punto di vista generale in tutta la nostra penisola, nel periodo tra il 1876 e il 1900, la principale motivazione che portò alla emigrazione di oltre 5 milioni di persone fu la grande crisi agraria iniziata negli anni settanta. La gran parte degli emigrati, all’inizio, erano uomini soli ma ben presto partirono anche le donne. Il ruolo della donna, anche quella rimasta ad aspettare il ritorno del marito, è stato molto importante poiché nell’attesa ha dovuto portare avanti la famiglia, il lavoro della terra, e amministrare i beni della casa, (tanto per citarne alcuni in modo molto semplificativo). Tra il 1906 e il 1920 il numero degli emigranti non rallenta anzi nel 1913 si ha una forte impennata seppure il rientro in patria, come vedremo dalle tabelle, fu di circa 2 milioni di persone. Tra il 1905 e il 1914, periodo della così detta era giolittiana, si concretizza, in Italia, un forte sviluppo industriale, e con esso una migrazione interna che coinvolse tutto il paese. Molti abbandonarono il lavoro della terra per quello del più promettente settore nascente. Cosa che si è ripetuta negli anni 50 e che si ripete puntualmente con le evoluzioni tecnologiche. In questo caso le pressioni a livello orizzontale, come una sorta di contagio, condizionarono in modo determinante le scelte del popolo in generale. Il primo dato numerico che emerge dalla divisione in tre aree, come già detto, è che il centro Italia è stato quello che ha avuto il minor numero di emigrati mentre il nord e il sud quasi si equivalgono. La differenza tra le Regioni è anch’essa molto rilevante: per quelle del nord primeggia il Emigrazioni regionali dal 1876 al 2005 Veneto seguito dalla Lombardia dal Piemonte e dal Friuli; per quelle del centro, la Regione con il maggior numero di emigrati è l’Abruzzo seguito dalla Toscana; per l’area del sud è la Campania con il numero maggiore, seguita dalla Sicilia e dalla Calabria.
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